Reese Chris, Ridiculous

Poverty crushes many a dream, and if nothing else I was poverty-stricken, with only a couple of hundred quid in the bank and rent to pay on a flat I didn’t want to give up. The trip was out of the question; out of the question that was, until the next trio to the pub. Sometimes the more ridiculous the idea gets the more desirable it becomes, and the idea had certainly become more ridiculous.

Reese, Chris. Captain & The Starter Monkey, 2017.

Hesse Hermann, Non siamo sani

Ma allora, che bisogno c’è di viaggiare e camminare? Nessuno, in effetti, se fossimo persone sane e colte. Ma poiché non lo siamo, il viaggiare ha molto da offrirci: fisicamente, per il fattore igienico dato dal cambio di luogo e clima, che sui nostri sensi ha un effetto stimolante; spiritualmente, per il fascino del confronto e del trionfo che scaturisce dall’adeguamento e dalla conquista. Forse c’è per ogni individuo un tipo di paesaggio nel quale si trova a proprio agio; alcuni, per esempio, non possono sopportare fisicamente il mare, o l’alta montagna, o la pianura. Ma è povero e da commiserare l’uomo per il quale ogni nuovo lembo di terra è estraneo e opprimente.

Hesse, Hermann. Camminare. Prato: Piano B, 2015.

Hesse Hermann, Cuore e sangue

Sì, la vera voglia di viaggiare non è niente di più e di meglio del pericoloso desiderio che consiste nel pensare temerariamente: di affrontare il mondo di petto, pretendere ogni spiegazione per tutto, uomini e avvenimenti. E una tale voglia non si placa con le carte geografiche né con i libri: vuole di più, pretende di più, occorre darle cuore e sangue.

Hesse, Hermann. Camminare. Prato: Piano B, 2015.

Palin Michael, Dromomania

The compulsive urge to travel is a recognised physical condition. It has its own word, dromomania, and I’m glad to say I suffer from it.

Palin, Michael. Around the World in 80 Days. London: Phoenix, 2009.

Bettinelli Giorgio, Ricordi

La British Columbia e lo Yukon sul filo dei ricordi, ritrovando luoghi e persone, impressioni e continuità, cambiamenti drastici e paesaggi immutati da millenni. Avevo già percorso la stessa strada in senso inverso, e adesso è piacevole fermarsi in posti che mi erano rimasti impressi nella mente e scattare le stesse fotografie dalle stesse angolature, corteggiare la memoria assecondando continui "richiami del cuore" che, per quanto mi sforzi di contenere nei limiti di una retorica non troppo svenevole, a volte mi emozionano e si accavallano senza coesione interna ai ricordi di Brasile e Australia, di Kenya e Birmania, di Iran e Bolivia, in un immutabile oggi zigzagante tra passato e futuro, in quattro viaggi sovrapposti come quattro pellicole proiettate simultaneamente, e non sai di preciso dove finiscano i contorni di un'immagine e dove comincino quelli di un'altra.

Bettinelli, Giorgio. Brum brum: 254.000 chilometri in Vespa. Milano: Feltrinelli traveller, 2002.

Cougnet Alberto, Globetrotters d'inizio Novecento

In questi ultimi tempi la falange dei pedestriani s'accrebbe di un certo numero di camminatori attraverso il mondo, detti impropriamente globe-trotters. Alcuni di costoro viaggiano pedestremente, senza un soldo, cercando la sussistenza dalle risorse della loro genialità, sia dando conferenze, come Gustavo Koegel, sia vendendo cartoline col loro ritratto, come Maximor (1) e Kiraly, sia procurando ai colleghi della stampa il materiale per un diario del loro viaggio che ottengono di fare stampare, per rivendere in seguito, aumentandolo progressivamente. Alcuni, come l'artista drammatico francese E. Brunet, danno delle rappresentazioni, dove declamano poesie o leggono squarci d'autori.

Tutti conoscono le peripezie del podista Jesse Brandani di Pontedera, che avendo divisato di andare a piedi al polo nord, alla ricerca dei superstiti della Stella Polare della spedizione del duca degli Abruzzi, venne messo in prigione a Trieste, perchè scambiato per un anarchico pericoloso.

Fra i più notevoli globe-trotters menzionerò i due soci Francesco Scklear ed E. Selian, che da Parigi andarono a Pietroburgo (5000 km.) facendo circa 60 km. di marcia per giorno. Scklear, insieme ad Hunslen, fece il percorso da Vienna a Pietroburgo (2500 km.) in 50 giorni. Eugenio Zimmermann percorse tutta l'Europa. Arnaldo Innocenti di Roma, percorse 5500 km. da Roma a Berlino a Londra a Roma, con uno zaino sulle spalle del peso di 22 chilogrammi.

Il greco Mihaylo Milovanovitsch compiè egli pure il giro d'Europa (35,000 km.) facendo un 60 km. per giorno.

Il francese Grandin andò col suo fido cane da Parigi a Pietroburgo, percorrendo 6000 km. Poscia recatosi in Africa, veniva ucciso da alcuni predoni della tribù del Rajo-Galla. Venne sepolto a Gibuti.

Ma uno dei più celebri globe-trotters è stato il francese Viardin, che veramente viaggiò attraverso le quattro parti del mondo, rimanendogli soltanto da percorrere ancora l'Oceania.

Ultimamente giungeva a Parigi il conte Rosso Dianovitch, oriundo di un'isola dell'Adriatico, che da 36 anni gira il mondo a piedi, raccogliendo documenti sulle istituzioni pubbliche, gli usi ed i costumi di tutti i popoli, per un libro che intende pubblicare fra non molto a New York. In questa passeggiata attraverso il mondo, il conte Rosso Dianovitch spese tutta la sua fortuna, cioè un milione e mezzo di franchi.

Finalmente, un certo Giuseppe Capelli di Broni, già residente a Bogota nella Colombia, ha percorso tutta l'America del Sud e si dispone a percorrere quella del Nord, per recarsi a Saint-Louis, per l'epoca dell'Esposizione Mondiale, onde concorrere al premio dei 50,000 dollari che verrebbe concesso a chi potrebbe provare di avere attraversato in minor tempo le due Americhe.

Noi, augurando fortuna al forte corridore del paese del buon vino e degli eccellenti salumi, facciamo voti che il più utile ed il più semplice degli sports, possa trionfare ed imporsi a tutti i podofobi che, come il cane da pagliaio, non si arrischiano ad abbaiare che contro gli umili, mentre scodinzolano se passa per l'aia un ben vestito, tanto la civilizzazione del padrone ha stinto sul loro pelo arruffato.

Dott. Alberto Cougnet, p. 545
Almanacco Italiano, Piccola enciclopedia popolare della vita pratica. Firenze, 1904. http://www.adamoli.org/ (1) Nome corretto: Maxamor

Blackpool, Inghilterra

Questa specie di località turistica è peggiorata sempre più da quando ci andai la prima volta negli anni Settanta. L'unica ragione per portarsi secchiello e paletta sulla spiaggia di Black-pool è per raccogliere la cacca dei cani e i preservativi usati, prima di sedersi. Non riesco proprio a capacitarmi di come ci si possa divertire in quel posto orrendo. A meno che la famosa vacanza inglese non consista esclusivamente nel bersi trenta pinte di birra, vomitare su qualsiasi cosa si muova, prendere a pugni chiunque si avvicini a meno di tre metri, cagare sulla pensilina dell'autobus, e infine beccarsi una schifosa infezione da una puttana incontrata su un pullman diretto a Grimsby.

Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.

Paolem, India

Ero decisa a trascorrere le mie meritate vacanze leggendo e facendo yoga sulla meravigliosa spiaggia di Paolem a Goa. Appena arrivata mi sistemai in un bungalow molto carino e passai il resto della giornata a chiacchierare con quelli del posto, dei tipi incredibilmente socievoli. Per cena mangiai uno dei migliori curry della mia vita, innaffiato da un lassi dolcissimo. Ero stato invitata a un party sul tetto di una casa, ma ero appena arrivata e soffrivo ancora di jet leg, perciò ringraziai i miei nuovi amici e me ne tornai nel bungalow. Mi svegliai a mezzanotte, sentendo un vago brontolio nello stomaco. Nel giro di dieci minuti il brontolio era diventato gorgoglio e dopo poco il gorgoglio era un'agonia lancinante. Mi trascinai fino al «bagno» ma sbagliai la mira. Nella fretta non riuscii a centrare il buco fetido scavato nel pavimento che serviva da wc. Però il dolore era diminuito, e ne ero così felice che non mi importava di aver spruzzato di merda il pavimento e le mie stesse gambe. Cercai di ripulire al meglio il casino che avevo combinato, pensando di scappare di nascosto all'alba. Tornai a letto sentendomi una vera viaggiatrice, e stavo per addormentarmi quando il gorgoglio ricominciò. Questa volta feci in tempo ad arrivare al buco, accucciandomi come un cane e scossa dai brividi, e mentre mi apprestavo a far uscire un po' di liquami puzzolenti, ecco che cominciai pure a vomitare il resto del curry. Dopo diversi viaggi tra il letto e il bagno mi arresi, e decisi di starmene distesa sul pavimento, tutto sudata e tristissima. Restai li per tutto il resto della notte, e ogni dieci minuti qualcosa usciva dal mio corpo, da sopra e da sotto. La mattina dopo, debole e completamente disidratata cercai di tirarmi su e farmi una doccia, di cui avevo davvero bisogno. Litigai per un po' con il docciatore, non vedevo l'ora di togliermi da dosso la puzza. A un certo punto svitai tutto e immediatamente fui investita da un getto di liquami della fogna. Pare che a Paolem ci siano i tramonti più belli dell'India, ma io non ne ho visto neanche uno. La diagnosi della Lonely Planet fu «dissenteria» e rimasi in questo stato per tutto il resto della vacanza. Forse non ci crederete, ma c'è di peggio. Poco prima di ripartire un tipo che vendeva pietre preziose mi ha fregato, ripulendomi di 200 sterline (273 euro). Sono tornata a casa magra come un chiodo e senza un soldo.

Kieran, Dan. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.

Kieran Dan, First contact in Indonesia

Gli antropologi sono convinti che uno dei pochi posti rimasti sulla terra dove ancora esistono popoli mai venuti in contatto con la civiltà occidentale sia West Papua, in Indonesia. La Papua Adventures, fondata da Kelly Woolford, offre vacanze «First Contact» di tre settimane in loco: «un'immersione totale nel mondo dell'esplorazione». Tuttavia andare alla ricerca di tribù primitive a centinaia di chilometri dalla civiltà può essere piuttosto pericoloso. Un turista, giornalista della rivista «Outside», racconta di aver inciampato in un serpente a sonagli (uno dei più velenosi al mondo), di essere stato inseguito da aborigeni urlanti e infine di aver dovuto attraversare a nuoto un fiume infestato dai coccodrilli per sfuggire alle frecce scagliate dalla tribù. Ma molti autorevoli antropologi hanno sollevato dubbi sull'autenticità delle spedizioni organizzate da Woolford, e uno di loro è arrivato a dichiarare: «Secondo me è tutto finto». Woolford respinge ogni accusa, invita gli scettici a partecipare a uno dei suoi viaggi nella giungla e giudicare da sé.

Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.

Kieran Dan, Inganni fallici

Per dodici anni l'attrazione principale della città di Chucuito in Perù è stato un enorme fallo di pietra, alto più di un metro e mezzo. Si diceva fosse un antico monumento alla fertilità degli Inca. Milioni di turisti e di donne senza figli si sono fatti fotografare lì davanti, solo per scoprire più tardi che si trattava di un falso. A quanto pare la popolazione locale aveva costruito il finto monumento per far accorrere i turisti.

Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.

Duhamel Georges, Frontière

Joie puérile de toucher pour la première fois la frontière, de la franchir d’un saut, de s’évader dans un autre monde.

Duhamel, Georges. Géographie cordiale de l’Europe. 1931.

Baudelaire, Le voyage

Le voyage

A Maxime Du Camp.

I

Pour l'enfant, amoureux de cartes et d'estampes,
L'univers est égal à son vaste appétit.
Ah ! que le monde est grand à la clarté des lampes !
Aux yeux du souvenir que le monde est petit !

Un matin nous partons, le cerveau plein de flamme,
Le coeur gros de rancune et de désirs amers,
Et nous allons, suivant le rythme de la lame,
Berçant notre infini sur le fini des mers :

Les uns, joyeux de fuir une patrie infâme ;
D'autres, l'horreur de leurs berceaux, et quelques-uns,
Astrologues noyés dans les yeux d'une femme,
La Circé tyrannique aux dangereux parfums.

Pour n'être pas changés en bêtes, ils s'enivrent
D'espace et de lumière et de cieux embrasés ;
La glace qui les mord, les soleils qui les cuivrent,
Effacent lentement la marque des baisers.

Mais les vrais voyageurs sont ceux-là seuls qui partent
Pour partir, coeurs légers, semblables aux ballons,
De leur fatalité jamais ils ne s'écartent,
Et, sans savoir pourquoi, disent toujours : Allons !

Ceux-là dont les désirs ont la forme des nues,
Et qui rêvent, ainsi qu'un conscrit le canon,
De vastes voluptés, changeantes, inconnues,
Et dont l'esprit humain n'a jamais su le nom !

II

Nous imitons, horreur ! la toupie et la boule
Dans leur valse et leurs bonds ; même dans nos sommeils
La Curiosité nous tourmente et nous roule,
Comme un Ange cruel qui fouette des soleils.

Singulière fortune où le but se déplace,
Et, n'étant nulle part, peut être n'importe où !
Où l'homme, dont jamais l'espérance n'est lasse,
Pour trouver le repos court toujours comme un fou !

Notre âme est un trois-mâts cherchant son Icarie ;
Une voix retentit sur le pont : " Ouvre l'oeil ! "
Une voix de la hune, ardente et folle, crie .
" Amour... gloire... bonheur ! " Enfer ! c'est un écueil !

Chaque îlot signalé par l'homme de vigie
Est un Eldorado promis par le Destin ;
L'Imagination qui dresse son orgie
Ne trouve qu'un récif aux clartés du matin.

Ô le Pauvre amoureux des pays chimériques !
Faut-il le mettre aux fers, le jeter à la mer,
Ce matelot ivrogne, inventeur d'Amériques
Dont le mirage rend le gouffre plus amer ?

Tel le vieux vagabond, piétinant dans la boue,
Rêve, le nez en l'air, de brillants paradis ;
Son oeil ensorcelé découvre une Capoue
Partout où la chandelle illumine un taudis.

III

Etonnants voyageurs ! quelles nobles histoires
Nous lisons dans vos yeux profonds comme les mers !
Montrez-nous les écrins de vos riches mémoires,
Ces bijoux merveilleux, faits d'astres et d'éthers.

Nous voulons voyager sans vapeur et sans voile !
Faites, pour égayer l'ennui de nos prisons,
Passer sur nos esprits, tendus comme une toile,
Vos souvenirs avec leurs cadres d'horizons.

Dites, qu'avez-vous vu ?

IV

" Nous avons vu des astres
Et des flots ; nous avons vu des sables aussi ;
Et, malgré bien des chocs et d'imprévus désastres,
Nous nous sommes souvent ennuyés, comme ici.

La gloire du soleil sur la mer violette,
La gloire des cités dans le soleil couchant,
Allumaient dans nos coeurs une ardeur inquiète
De plonger dans un ciel au reflet alléchant.

Les plus riches cités, les plus grands paysages,
Jamais ne contenaient l'attrait mystérieux
De ceux que le hasard fait avec les nuages.
Et toujours le désir nous rendait soucieux !

- La jouissance ajoute au désir de la force.
Désir, vieil arbre à qui le plaisir sert d'engrais,
Cependant que grossit et durcit ton écorce,
Tes branches veulent voir le soleil de plus près !

Grandiras-tu toujours, grand arbre plus vivace
Que le cyprès ? - Pourtant nous avons, avec soin,
Cueilli quelques croquis pour votre album vorace,
Frères qui trouvez beau tout ce qui vient de loin !

Nous avons salué des idoles à trompe ;
Des trônes constellés de joyaux lumineux ;
Des palais ouvragés dont la féerique pompe
Serait pour vos banquiers un rêve ruineux ;

" Des costumes qui sont pour les yeux une ivresse ;
Des femmes dont les dents et les ongles sont teints,
Et des jongleurs savants que le serpent caresse. "

V

Et puis, et puis encore ?

VI

" Ô cerveaux enfantins !
Pour ne pas oublier la chose capitale,
Nous avons vu partout, et sans l'avoir cherché,
Du haut jusques en bas de l'échelle fatale,
Le spectacle ennuyeux de l'immortel péché

La femme, esclave vile, orgueilleuse et stupide,
Sans rire s'adorant et s'aimant sans dégoût ;
L'homme, tyran goulu, paillard, dur et cupide,
Esclave de l'esclave et ruisseau dans l'égout ;

Le bourreau qui jouit, le martyr qui sanglote ;
La fête qu'assaisonne et parfume le sang ;
Le poison du pouvoir énervant le despote,
Et le peuple amoureux du fouet abrutissant ;

Plusieurs religions semblables à la nôtre,
Toutes escaladant le ciel ; la Sainteté,
Comme en un lit de plume un délicat se vautre,
Dans les clous et le crin cherchant la volupté ;

L'Humanité bavarde, ivre de son génie,
Et, folle maintenant comme elle était jadis,
Criant à Dieu, dans sa furibonde agonie :
" Ô mon semblable, ô mon maître, je te maudis ! "

Et les moins sots, hardis amants de la Démence,
Fuyant le grand troupeau parqué par le Destin,
Et se réfugiant dans l'opium immense !
- Tel est du globe entier l'éternel bulletin. "

VII

Amer savoir, celui qu'on tire du voyage !
Le monde, monotone et petit, aujourd'hui,
Hier, demain, toujours, nous fait voir notre image
Une oasis d'horreur dans un désert d'ennui !

Faut-il partir ? rester ? Si tu peux rester, reste ;
Pars, s'il le faut. L'un court, et l'autre se tapit
Pour tromper l'ennemi vigilant et funeste,
Le Temps ! Il est, hélas ! des coureurs sans répit,

Comme le Juif errant et comme les apôtres,
A qui rien ne suffit, ni wagon ni vaisseau,
Pour fuir ce rétiaire infâme : il en est d'autres
Qui savent le tuer sans quitter leur berceau.

Lorsque enfin il mettra le pied sur notre échine,
Nous pourrons espérer et crier : En avant !
De même qu'autrefois nous partions pour la Chine,
Les yeux fixés au large et les cheveux au vent,

Nous nous embarquerons sur la mer des Ténèbres
Avec le coeur joyeux d'un jeune passager.
Entendez-vous ces voix, charmantes et funèbres,
Qui chantent : " Par ici ! vous qui voulez manger

Le Lotus parfumé ! c'est ici qu'on vendange
Les fruits miraculeux dont votre coeur a faim ;
Venez vous enivrer de la douceur étrange
De cette après-midi qui n'a jamais de fin ? "

A l'accent familier nous devinons le spectre ;
Nos Pylades là-bas tendent leurs bras vers nous.
" Pour rafraîchir ton coeur nage vers ton Electre ! "
Dit celle dont jadis nous baisions les genoux.

VIII

Ô Mort, vieux capitaine, il est temps ! levons l'ancre !
Ce pays nous ennuie, ô Mort ! Appareillons !
Si le ciel et la mer sont noirs comme de l'encre,
Nos coeurs que tu connais sont remplis de rayons !

Verse-nous ton poison pour qu'il nous réconforte !
Nous voulons, tant ce feu nous brûle le cerveau,
Plonger au fond du gouffre, Enfer ou Ciel, qu'importe ?
Au fond de l'Inconnu pour trouver du nouveau !

Kieran Dan, Cornwell Inghilterra

Durante le vacanze estive del mio primo anno di università andai a Cornwell, dove ero stato invitato da una ragazza che viveva nel mio stesso residence studentesco, il tipo di ragazza con la quale mi sarebbe piaciuto avere una relazione del sesto grado; così, nell'entusiasmo del primo anno di libertà dalla famiglia, ero sicuro che sarebbe stata una settimana di sesso disinibito a volontà, magari sulla spiaggia.
Il viaggio in treno fu interminabile, comunque molto più lungo del previsto, però mi tenevano compagnia le fantasie erotiche sempre più complicate che avevo in testa, e non mi annoiai. Arrivato alla stazione di Cornwell mi venne incontro la ragazza con il suo fidanzato, un tipo con la barba e la giacca nera di pelle, che aveva qualcosa a che fare con le armi nucleari della Marina. Mi accompagnarono a casa della madre di lei, e li mi presentarono il fratello minore, un vegetariano con la faccia incazzata, che parlava l'esperanto e aveva appena confessato ai genitori di essere gay. Fu a quel punto che capii il perfido piano della tipa: pensando che anche io fossi gay, mi aveva invitato a casa per farmi conoscere il fratello e magari farci mettere insieme. La madre mi confidò che l'aveva appena visto in bagno mentre si provava un nuovo tanga. E mi fece pure l'occhiolino. Passai una settimana orribile, a visitare i posti turistici strizzato tra due uomini sul retro di una Datsun Sunny. Mi venne la stitichezza.

Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.

Kieran Dan, Cuba tutto compreso

Per mesi avevo atteso con impazienza la settimana di vacanza «tutto compreso» da trascorrere con due amici. Sette giorni sdraiati sulla spiaggia; a fumare sigari e a visitare la Avana dei locali notturni... Mmmh, non proprio.
Arrivammo in hotel e subito ci fu consigliato di rimanere all'interno del complesso alberghiero per l'intera durata del soggiorno, e di non avventurarci per nessuna ragione nel paese fuori di li. E già questo era piuttosto lontano dalle vecchie Cadillac scolorite che avevano percorso le strade della mia immaginazione. Venne fuori che come al solito la brochure ci aveva ingannato, e che ci trovavamo a chilometri di distanza dall'Avana. L'hotel aveva una spiaggia privata, con una recinzione sorvegliata da guardie armate che impedivano l'accesso agli abitanti del luogo.
Un po' allarmato dalla presenza delle guardie chiesi a un barman perché si trovavano li. «Per evitare che i locali vi molestino chiedendovi continuamente soldi, rovinandovi la vacanza», rispose. Bello stare in vacanza dalla parte dell'apartheid economico. Non mi ricordo affatto che se ne facesse menzione nella brochure pubblicitaria. Passai il resto della vacanza soverchiato dal senso di colpa e di disprezzo per me stesso. Devo dire che fu un chiaro esempio di «occidentale in vacanza che vive come un re con tutto il cazzo di denaro estorto alle nazioni in via di sviluppo dal suo paese, il quale ha inventato il protezionismo commerciale e lo sfruttamento, il cosiddetto "libero mercato"».
Per dio, quella vacanza mi ha trasformato in un fottuto hippy, e questo di sicuro sulla brochure non c'era scritto...

Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.