Il viaggio non si riduce a un semplice movimento nello spazio, ma rappresenta una fonte infinita di esperienze che danno vita a narrazioni diverse, capaci di rispecchiare le molteplici sfaccettature della condizione umana. Nei racconti di viaggio gli autori vanno oltre la descrizione dei luoghi visitati, esplorando spesso tematiche profonde come la crescita interiore, le sfide incontrate, l'umorismo scaturito da situazioni impreviste e la sensualità suggerita da paesaggi e culture lontane.
Il viaggio come crescita
Il viaggio è spesso considerato una delle esperienze più trasformative per l'individuo, capace di stimolare la crescita personale e collettiva. Non a caso, il tema è molto presente nella letteratura: grazie alle parole di autrici e autori d’ogni epoca è possibile comprendere come il viaggio non solo amplia gli orizzonti personali, ma contribuisce anche all’evoluzione interiore e sociale. Le vicende narrate nei diari e nei resoconti di viaggio sono spesso dettagliati, descrittivi o introspettivi: forniscono un complemento importante rispetto a quanto non comunicato da una nutrita schiera di globetrotters. Dominique Lapierre racconta come il suo primo grande viaggio sia stato il dono più bello che il cielo potesse offrirgli, stimolando la sua curiosità e costringendolo a superare le sue paure di adolescente:
Questo libro è il semplice diario di viaggio di un giovane europeo di diciotto anni sfuggito da poco alle minacce e alle privazioni della Seconda guerra mondiale, che parte alla scoperta del nuovo mondo. Certe descrizioni e molte delle riflessioni via via annotate in queste pagine potranno sembrare ingenue e perfino puerili. Ma il lettore di oggi accetti di seguirmi con indulgenza sulle strade del mondo, cercando di immaginare le condizioni di viaggio nell'estate del 1949, epoca alla quale risale il mio racconto. Un'epoca in cui gli aerei non attraversavano ancora l'Atlantico. Un'epoca in cui la televisione non aveva ancora cominciato ad avvicinare i popoli e a omologare usi e costumi. Un'epoca in cui perfino il telefono era un oggetto eccezionale. In tre mesi di lontananza non parlai mai al telefono con i miei genitori. Ma sono felice e fiero di dirlo: aprendomi le porte del mondo, stimolando la mia curiosità, costringendomi a superare le mie paure di adolescente, quel primo grande viaggio fu il più bel regalo che il cielo potesse offrirmi all'alba del mio destino di uomo.
Lapierre, Dominique. Un dollaro, mille chilometri. Milano: Il Saggiatore, 2003.
Lapierre sottolinea come i viaggi possano essere fondamentali nel passaggio dall'adolescenza all'età adulta, aiutando il viaggiatore a diventare più consapevole e sicuro di sé stesso. Anche il desiderio di esplorare l'ignoto è alla base della crescita personale, spingendoci continuamente a imparare e a scoprire nuovi aspetti del mondo e di noi stessi. Michel Onfray descrive il viaggio come un confronto con sé stessi:
Sé stessi, questa è la grande questione del viaggio. Sé stessi, e nient’altro. O così poco. Una quantità di pretesti, di occasioni e di giustificazioni, certo, ma, di fatto, ci si mette in cammino spinti soltanto dal desiderio di partire incontro a sé stessi nel disegno, molto ipotetico, di ritrovarsi, se non di trovarsi. Lo stesso giro del mondo non sempre è sufficiente a raggiungere questo faccia a faccia. A volte, nemmeno un’intera esistenza. Quante deviazioni, e per quanti luoghi, prima di scoprirsi in presenza di ciò che solleva un po’ il velo dell’essere? I tragitti dei viaggiatori coincidono sempre, segretamente, con ricerche iniziatiche che mettono in gioco l’identità. Anche in questo, il viaggiatore e il turista si distinguono radicalmente, e si contrappongono definitivamente. L’uno cerca incessantemente e qualche volta trova, l’altro non cerca alcunché, e neanche lui, di conseguenza, ottiene nulla.
Onfray, Michel. Filosofia del viaggio, poetica della geografia. Milano: Ponte alle Grazie, 2010.
Viaggiare ci offre l'opportunità di riflettere sulla nostra identità, di confrontarci con le nostre paure e di scoprire nuovi aspetti del nostro carattere. Il cicloturista svizzero Claude Marthaler racconta come l'imprevedibilità del viaggio possa procurare una grande sensazione di libertà e far innamorare della strada:
Il viaggio ha raggiunto da solo il suo ritmo di crociera e ha preso il sopravvento su tutte le altre considerazioni, disdegnando il mio progetto iniziale. Contrariamente a quello che molta gente immagina, questa imprevedibilità quotidiana, lungi dall'essere angosciante, mi procura una grande sensazione di libertà e fa di ogni giorno una prima volta. Così, ci si innamora della strada come di una donna, senza limiti, perché il viaggio è proprio una vera storia d'amore, piena di andate e ritorni.
Marthaler, Claude. Il canto delle ruote. 7 anni in bicicletta intorno al mondo. Portogruaro: Ediciclo, 2008.
Questo ci mostra come l'apertura all'imprevisto e l'adattabilità siano elementi chiave nella crescita personale attraverso il viaggio. Paul Morand riflette su come il viaggio ci trasformi, facendoci crescere e sviluppare:
Al ritorno da un viaggio ci si domanda se è la terra che s'è impicciolita o se siamo noi che siamo ingranditi.
Paul Morand, Le Voyage; in Il libro dei mille savi. Milano: Hoepli, 1995.
Il viaggio non cambia solo la percezione del mondo, ma rende l’individuo più grande interiormente, più consapevole e arricchito. Perdersi e ritrovarsi. L’autore italiano Tiziano Scarpa ci invita a lasciare che sia la strada a decidere il nostro percorso:
Dove stai andando? Butta via la cartina! Perché vuoi sapere a tutti i costi dove ti trovi in questo momento? D’accordo: in tutte le città, nei centri commerciali, alle fermate degli autobus o della metropolitana, sei abituata a farti prendere per mano dalla segnaletica; c’è quasi sempre un cartello con un punto colorato, una freccia sulla mappa che ti informa chiassosamente: “Voi siete qui”. Anche a Venezia, basta che alzi gli occhi e vedrai molti cartelli gialli, con le frecce che ti dicono: devi andare per di là, non confonderti, Alla ferrovia, Per san Marco, All’Accademia. Lasciali perdere, snobbali pure. Perché vuoi combattere contro il labirinto? Assecondalo, per una volta. Non preoccuparti, lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a vagabondare. Disorientati. Bighellona.
Scarpa, Tiziano, Venezia è un pesce: una guida. Universale Economica 1596, 2004.
Questa apertura al caso e alla scoperta spontanea è fondamentale per crescere e imparare a fidarsi del processo del viaggio stesso. L’autore francese Bernard Ollivier sottolinea come il viaggio solitario ci ponga di fronte a noi stessi, permettendoci di scoprire parti di noi che altrimenti rimarrebbero nascoste:
Il viaggio a piedi, in solitaria, pone l’uomo di fronte a se stesso, lo libera dal vincolo del corpo, dall’ambiente abituale che lo trattiene all’interno di una visione del mondo scontata, ragionevole e condizionata. I pellegrini si sentono quasi sempre cambiati dopo un cammino così lungo, proprio perché hanno trovato una parte di se stessi che forse non avrebbero mai scoperto senza quel lungo faccia a faccia. Ed è anche il motivo per cui bisogna privilegiare il cammino solitario, il che non impedisce di ritrovare con piacere gli amici ad ogni tappa. Qui sta il vantaggio che hanno su di me il pellegrino o il carovaniere sulla via della seta. La sera, con gli altri viandanti, anche se non condividono credenze, fatiche e scoperte, possono scambiare, paragonare sensazioni, stupori, sottoporre a critica le idee che hanno sviluppato durante il giorno.
Ollivier, Bernard. La lunga marcia. Milano: Feltrinelli Traveller, 2002.
Come rileva l’intramontabile professore canadese Marshall McLuhan, il viaggio non è solo un atto personale ma ha anche delle implicazioni collettive:
La prima circumnavigazione del globo diede agli uomini del Rinascimento la sensazione assolutamente nuova di abbracciare e possedere la terra, nello stesso modo in cui gli astronauti hanno recentemente modificato ancora una volta i rapporti tra uomo e pianeta, riducendo le dimensioni di quest’ultimo ai limiti di una passeggiatina serale.
McLuhan, M., 1986. Gli strumenti del comunicare. Garzanti Il Saggiatore, Milano.
Il viaggio è in definitiva una metafora potente della vita stessa, un percorso di scoperta continua che arricchisce, trasforma e deforma. Ogni viaggio può essere un'opportunità per crescere, per esplorare nuovi territori, sia esterni che interni, e per tornare a casa con una visione più ampia e profonda del mondo e di noi stessi. Un processo che come scrive il noto vespista non ha mai fine:
Con un dito comincio a seguire i contorni della costa dell’Oceano Pacifico, dall’Alaska, giù giù fino al Cile e a quella macchiolina mezza verde e mezza rosa che dovrebbe rappresentare la Terra del Fuoco.
M’immagino sulla Vespa tra le distese di ghiaccio e gli eschimesi, tra le foreste del Canada e le praterie degli Stati Uniti, tra le piramidi del Messico… Giù, giù: il Canale di Panama, la Colombia. M’immagino scalare le marce e arrampicarmi sulle Ande, attraversare i deserti della costa peruviana; poi ancora giù, fino a Santiago e allo Stretto di Magellano, fino a quella macchiolina di due colori… Stringo forte le palpebre, ho la pelle d’oca sulle braccia e mi sento attraversare da un brivido che avevo imparato a riconoscere.
La mamma di Kyu versa il tè nelle tazzine di porcellana azzurra.
Ero arrivato a Saigon soltanto il giorno prima, e già volevo ripartire.
Da Anchorage, Alaska.
Bettinelli, Giorgio. In vespa : da Roma a Saigon. Milano: Feltrinelli, 2002.
La conclusione spetta al noto scrittore Hermann Hesse, che in poche frasi descrive bene quanto il viaggiare possa offrirci, anche nella prospettiva “igienica”:
Ma allora, che bisogno c’è di viaggiare e camminare? Nessuno, in effetti, se fossimo persone sane e colte. Ma poiché non lo siamo, il viaggiare ha molto da offrirci: fisicamente, per il fattore igienico dato dal cambio di luogo e clima, che sui nostri sensi ha un effetto stimolante; spiritualmente, per il fascino del confronto e del trionfo che scaturisce dall’adeguamento e dalla conquista. Forse c’è per ogni individuo un tipo di paesaggio nel quale si trova a proprio agio; alcuni, per esempio, non possono sopportare fisicamente il mare, o l’alta montagna, o la pianura. Ma è povero e da commiserare l’uomo per il quale ogni nuovo lembo di terra è estraneo e opprimente.
Hesse, Hermann. Camminare. Prato: Piano B, 2015.
Il viaggio come sfida
I viaggi, pur essendo spesso fonte di gioia e meraviglia, comportano inevitabilmente difficoltà e disagi che mettono alla prova i viaggiatori. Molti sono gli autori che portano l’attenzione sulle sfide intrinseche al viaggio e come queste esperienze siano un elemento irrinunciabile dell’atto di muoversi. La perdita di equilibrio è un elemento che viene proposto e per certi versi sfruttato a fini creativi dalle scrittrici e dagli scrittori, che devono adattarsi a nuove situazioni e ambienti. Lévi-Strauss esprime un sentimento di resistenza nei confronti del viaggio, affermando:
Odio i viaggi e gli esploratori, ed ecco che mi accingo a raccontare le mie spedizioni.
Lévi-Strauss, Claude. Tristi tropici. Milano: Il Saggiatore, 1978.
L’antropologo francese è infatti combattuto da un paradosso che descrive nello stesso testo:
Ed ecco davanti a me il cerchio chiuso: meno le culture umane erano in grado di comunicare fra loro, e quindi di corrompersi a vicenda, meno i loro rispettivi emissari potevano accorgersi della ricchezza e del significato di quelle differenze. In fin dei conti, sono prigioniero di un'alternativa: o viaggiatore antico, messo di fronte a un prodigioso spettacolo di cui quasi tutto gli sfuggiva - peggio ancora, gli ispirava scherno e disgusto - o viaggiatore moderno, in cerca di vestigia di una realtà scomparsa.
Lévi-Strauss, Claude. Tristi tropici. Milano: Il Saggiatore, 1978.
Dichiarazioni paradossali che riflettono la complessità delle emozioni legate al viaggio: un misto di avversione e attrazione per l'ignoto. Un altro aspetto delle difficoltà dei viaggi è descritto da Victor Hugo, che equipara il viaggio a un continuo ciclo di nascita e morte:
Viaggiare è nascere e morire a ogni momento.
Victor Hugo, Les Misérables
Ogni spostamento implica un distacco e una rinascita, un abbandono del vecchio per abbracciare il nuovo, un processo che può essere tanto stimolante quanto estenuante. Helen Hunt Jackson offre una visione più concreta delle difficoltà culinarie incontrate durante i viaggi, raccontando un'esperienza spiacevole in una taverna tedesca:
C’è della trota? No. Pollo? No. Bistecche? No. Che cosa possiamo mangiare? Vitello e uova. I forestieri provenienti da Gastein avevano praticamente mangiato tutto il cibo della taverna di Berchtesgaden. Il vitello e le uova costituiscono la dieta principale dello stomaco tedesco: il vitello lesso grondante di grasso e senape e le orribili uova piene di burro e aglio. Puah! Per tutta la vita ricorderò l’insalata di uova che la cara Marie ha aggiunto ieri sera alla nostra cena e che ho assaggiato appena, per educazione, ma sono stata costretta a mandare giù in fretta con grosse sorsate di birra, come fosse calomelano. Pensavo di aver mangiato male in Italia, ma do senza dubbio alla Germania la palma della vittoria.
Hunt Jackson, Helen. Bits of travel. Boston: J.R. Osgood, 1874 (traduzione: I sapori del viaggio, RCS Libri, 2008).
Le difficoltà alimentari sono un aspetto comune e spesso sottovalutato del viaggiare, che può rendere l'esperienza meno piacevole e più stressante. Anche lo scrittore statunitense Mark Twain lo segnala:
Non mangerò mai più cibo turco. La cucina era allestita nella piccola sala da pranzo, vicino al bazar, e si apriva sulla strada. Il cuoco era sudicio e così pure il tavolo, privo di tovaglia. Il tizio prese parecchie salcicce, le arrotolò intorno a un filo di ferro e le mise a cuocere sul fuoco di carbonella. Quando furono pronte, le posò di lato e un cane si fece mestamente avanti e le assaggiò dopo averle dapprima annusate, riconoscendo probabilmente i resti di un amico. Il cuoco gliele tolse di bocca e ce le mise di fronte. Jack disse: “Passo” – qualche volta gioca a euchre – e tutti a nostra volta passammo. Poi il cuoco mise nel forno un dolce di frumento largo e piatto, lo unse per bene con la salciccia e stava dirigendosi verso di noi, quando questo gli cadde per terra nel sudiciume. Lui allora lo raccolse, lo pulì sui calzoni e ce lo mise davanti. Jack disse: “Passo”. Tutti passammo. Mise a friggere delle uova in una padella e stette pensieroso a pulire con una forchetta dei pezzi di carne che aveva tra i denti. Quindi usò la stessa forchetta per girare le uova e ce la portò. Jack disse: “Di nuovo, passo”. Tutti lo seguimmo. Non sapevamo cosa fare, così ordinammo una nuova porzione di salcicce. Il cuoco tirò fuori il suo filo di ferro, vi arrotolò di nuovo una giusta dose di salcicce, si sputò sulle mani e ricominciò a lavorare. Questa volta rinunciammo tutti all’unisono. Pagammo e ce ne andammo via. Questo è tutto quello che ho imparato sul cibo turco. Una colazione turca è buona, senza dubbio, ma ha i suoi piccoli inconvenienti.
Twain, Mark. Innocents abroad. Hartford: American Pub. Co., 1881 (traduzione: I sapori del viaggio, RCS Libri, 2008).
Molto più recente è la nota del ciclista elvetico, che evidenzia una particolare composizione culinaria proposta nell'area sahariana della Mauritania:
Sono sempre ben accolto negli accampamenti dei nomadi mauri dove mi fermo alla fine della giornata. Gli uomini prendono il latte dai cammelli, bevanda che ha un importante valore nutrizionale, indispensabile ai nomadi. Ci aggiungono dell'acqua e dello zucchero o, se ne hanno i mezzi, della coca cola!
Marthaler, Claude. Il canto delle ruote. 7 anni in bicicletta intorno al mondo. Portogruaro: Ediciclo, 2008.
Un aspetto interessante legato a queste esperienze è il fatto che la recensione, ieri come oggi, permetteva ai viaggiatori successivi di evitare o scegliere determinati posti dove alloggiare o rifocillarsi. Il capitano Philip Thicknesse (1719-1792) ne propone un valido esempio segnalando la Post-House di St. George, a sei leghe da Lione:
Sono preciso nell’intestare questa lettera nella speranza che i viaggiatori inglesi possano evitare il luogo da cui scrivo, o fermandosi poco, o tenendosene lontani, dato che è la sola struttura del villaggio ad accogliere i viandanti, ed è la peggiore in cui mi sia imbattuto in tutto il viaggio.
Thicknesse, Philip. A year’s journey through France, and part of Spain. London: Printed for W. Brown, 1789
Il giornalista italiano Beppe Severgnini, nel descrivere l'ossessione italiana per le cartoline illustrate, mette in luce un altro problema: l'ansia di dover comunicare con chi è rimasto a casa, un compito che può trasformarsi in un fastidio piuttosto che in un piacere. Ma come afferma lo stesso autore:
Gli italiani, dicendo di detestarle, amano le cartoline illustrate perché permettono di esercitare anche in vacanza quello che resta il grande passatempo nazionale: lamentarsi. Una cartolina acquistata sul luogo di villeggiatura permette infatti di protestare per: a) il costo della cartolina stessa; b) la difficoltà di reperire i francobolli; e) la scocciatura di doversi portare appresso l'agenda con gli indirizzi; d) il fatto che sull'agenda l'indirizzo richiesto sia sprovvisto di numero civico e codice postale; e) l'obbligo, se si scrive a un parente, di scrivere anche a tutti gli altri; f) la difficoltà di trovare una frase originale.
Severgnini, Beppe. Italiani con valigia. Il Belpaese in viaggio. Milano: Rizzoli, 1993.
Questo esempio evidenzia come anche i piccoli dettagli possano contribuire alle difficoltà complessive del viaggio. Louisa Jebb racconta la difficoltà di distaccarsi dalla civiltà e, una volta fatto, la difficoltà di tornare:
Tentai di ricordare che cosa volesse dire vivere nella civiltà, ma tutto quello che mi tornò alla mente fu come fosse stato difficile staccarmene. Mentre eravamo ancora lì, non sapevamo che cosa avremmo potuto volere altrove. Ma, una volta lontane, ogni difficoltà era scomparsa; d’improvviso ci sembrò che tutto accadesse naturalmente. Non ci mancava nulla di quello che ci eravamo lasciate alle spalle. E siccome era stato difficile distaccarcene quando ancora ci vivevamo, ora avevamo delle difficoltà a tornarci.
Jebb, Louisa. By desert ways to Baghdad and Damascus. London: T. F. Unwin, 1909.
Questo dualismo di attrazione e repulsione verso il noto e l'ignoto è un tema ricorrente nei racconti di viaggio. Robert M. Pirsig sottolinea la differenza tra viaggiare in moto e in auto, evidenziando come il primo offra un contatto più diretto e immersivo con il paesaggio, ma anche più esposto alle difficoltà:
Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente.
Pirsig, Robert M. Zen and the art of motorcycle maintenance. 1981.
Questo suggerisce che il modo in cui si viaggia può influire significativamente sulla percezione delle difficoltà, che possono essere fisiche, ma anche emotive e psicologiche, e che affrontarle è parte integrante dell'esperienza del viaggiare. Un’esperienza che in principio ci pone tutti sullo stesso livello: come scritto da un autore anonimo su un muro della stazione di Eismeer, in Germania: Ebrei, pagani o cristiani, su questa terra siam tutti turisti.
Ma forse, con l’evoluzione verso forme di consumo turistico post-fordiste, la sfida più grande sta nel trovare il diverso, nel riuscire a evadere un concetto standardizzato che viene proposto sterilmente ai flussi di visitatrici e visitatori.
Phileas Fogg, l'eroe di Jules Verne, oggi potrebbe fare il giro del mondo in molto meno di ottanta giorni, senza cambiare ambientazione (frequenterebbe, da un capo all'altro del mondo, le stesse catene alberghiere), senza smettere di guardare le stesse serie televisive o di apprendere il diretta (live) su BBC News le notizie del suo paese, senza dover interrompere i contatti con i suoi amici grazie al telefono e a Internet; e così attraverserebbe, senza vederli, i mondi più diversi e più sconvolti dalla storia: l'uniformazione dello spazio, da questo punto di vista, è un corollario dell'accelerazione del tempo.
Augé, Marc. Che fine ha fatto il futuro? Dai nonluoghi al nontempo. Milano: Elèuthera, 2009.
Parcheggiai la macchina in una strada laterale e camminai lungo la marina, passando davanti alle vetrine di negozi di inattesa pomposità: Prada, Hermès, Ralph Lauren. Tutto perfettamente elegante. Solo che non c'era nulla di interessante. Non avevo bisogno di farmi tredicimila chilometri per dare un'occhiata agli asciugamani da bagno di Ralph Lauren. Forse è il mio innato pessimismo, ma ho come l'impressione che viaggiare ai nostri giorni significhi soprattutto vedere le cose quando è ancora possibile.
Bryson, Bill. In un paese bruciato dal sole l’Australia. 10a ed. Milano: TEA, 2009.
Una sfida che si declina anche per le destinazioni stesse, oggi confrontate a problematiche per certi versi antitetiche. Da una parte le città e i luoghi che non riescono più a far fronte alla crescita dei turisti, dall’altra chi vorrebbe attirarli per mantenere o sviluppare un’offerta economicamente e socialmente sostenibile.
Sorridi che ti passa
Il viaggio non è solo avventura e scoperta, ma anche un'esperienza che porta sorrisi e buonumore, attraverso situazioni comiche e incontri bizzarri e inaspettati. Un primo aspetto viene descritto da Beppe Severgnini, con il suo spirito ironico, che segnala la cosiddetta "bulimia fotografica" dei turisti moderni:
Fino a non molti anni fa, esisteva una regola non scritta: una vacanza, un rullino. (...) Oggi è cambiato tutto. Siamo entrati in una fase di bulimia fotografica: tutti scattano di qui e di là come pistoleri ubriachi. Se una marca di pellicole adotta lo slogan 'Una foto non scattata è un ricordo che non c'è', noi ci crediamo; e quando vediamo la scritta 'Sviluppo e stampa in un'ora' corriamo con i rullini in mano: vogliamo vedere i nostri eccessi, e vogliamo vederli subito.
Severgnini, Beppe. Manuale dell’imperfetto viaggiatore. Milano: Rizzoli, 2000.
Questa osservazione fa sorridere, ma porta l’attenzione su un fenomeno in crescita: turiste e turisti sembrano infatti in preda a una sorta di ossessione che li obbliga ad immortalare ogni momento, spesso a scapito dell’esperienza stessa (hic et nunc). Le immagini e gli schermi oggi non sono più quelli degli apparecchi fotografici, ma di telefonini sempre connessi e pronti ad immortalare e a trasmette video di scarsa qualità in diretta nei social. Lo spostamento nei luoghi diventa uno strano sincretismo tra reale e digitale, un filtro costante che amplifica quell’esperienza che si era affermata con gli strumenti tradizionale quali la macchina fotografica con la pellicola o le cartoline postali.
Un anonimo citato da Dan Kieran racconta una situazione di viaggio imbarazzante legata alle prime esperienza di viaggio:
Durante le vacanze estive del mio primo anno di università̀ andai a Cornwell, dove ero stato invitato da una ragazza che viveva nel mio stesso residence studentesco, il tipo di ragazza con la quale mi sarebbe piaciuto avere una relazione del sesto grado; così, nell'entusiasmo del primo anno di libertà dalla famiglia, ero sicuro che sarebbe stata una settimana di sesso disinibito a volontà̀, magari sulla spiaggia.
Il viaggio in treno fu interminabile, comunque molto più̀ lungo del previsto, però mi tenevano compagnia le fantasie erotiche sempre più̀ complicate che avevo in testa, e non mi annoiai. Arrivato alla stazione di Cornwell mi venne incontro la ragazza con il suo fidanzato, un tipo con la barba e la giacca nera di pelle, che aveva qualcosa a che fare con le armi nucleari della Marina. Mi accompagnarono a casa della madre di lei, e li mi presentarono il fratello minore, un vegetariano con la faccia incazzata, che parlava l'esperanto e aveva appena confessato ai genitori di essere gay. Fu a quel punto che capii il perfido piano della tipa: pensando che anche io fossi gay, mi aveva invitato a casa per farmi conoscere il fratello e magari farci mettere insieme. La madre mi confidò che l'aveva appena visto in bagno mentre si provava un nuovo tanga. E mi fece pure l'occhiolino. Passai una settimana orribile, a visitare i posti turistici strizzato tra due uomini sul retro di una Datsun Sunny. Mi venne la stitichezza.
Anonimo, citato in Kieran, Dan. 2008. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi.
Questo episodio ci ricorda come i viaggi possano mettere alla prova la nostra pazienza e resistenza, ma anche regalarci storie divertenti da raccontare negli anni a seguire. Erin McKittrick riporta un commento di uno scolaro di Nondalton:
Non credo che camminerei tanto. Non mi piace essere sporco e puzzolente. Però potrei cambiare idea.
McKittrick, Erin. La strada alla fine del mondo. Torino: Bollati Boringhieri, 2010.
Il ragazzo evidenzia con umorismo la riluttanza di molti verso le difficoltà del viaggio, e la possibilità di cambiare idea una volta sperimentata l'avventura. Mungo Park descrive un incontro divertente e inaspettato con un gruppo di donne curiose in Africa:
La curiosità delle signore mi aveva dato molto fastidio sin dal mio arrivo a Benowm, e la sera del venticinque (non posso dire se su istigazione degli altri o spinte dalla loro incontenibile curiosità o, più semplicemente, per gioco) un gruppo di donne venne alla mia capanna, e mi fece chiaramente capire che lo scopo della visita era quello di accertarsi, con un vera e propria ispezione, se il rito della circoncisione si estendesse anche ai nazareni (cristiani) come era praticato dai seguaci di Maometto. Il lettore non avrà difficoltà a capire la mia sorpresa di fronte a questa inaspettata dichiarazione e, al fine di evitare l’esame proposto, pensai che fosse meglio trattare la faccenda in modo scherzoso. Feci loro osservare che nel mio paese, in casi come questi, non era abitudine dare una dimostrazione visiva, di fronte a tante bellissime donne, ma che se si fossero ritirate tutte salvo la giovane ragazza che indicai col dito (scegliendo la più giovane e bella), avrei soddisfatto, la sua curiosità. Le signore apprezzarono la burla e se ne andarono ridendo allegramente, la giovane fanciulla alla quale avevo accordato la mia preferenza (sebbene non si sia avvalsa del privilegio dell’ispezione) non sembrava in nessun modo dispiaciuta per il complimento, perché subito dopo mi mandò cibo e latte per la mia cena.
Mungo Park. The travels of Mungo Park. New York: J. M. Dent & co., E. P. Dutton & co., 1907 (traduzione: Era meglio non partire, RCS Libri, 2008)
La reazione di Park mostra come l'umorismo possa essere una strategia efficace per affrontare situazioni imbarazzanti.
La sensualità dei luoghi
Il viaggio è spesso associato all'avventura, alla scoperta e alla crescita personale, ma può anche essere una potente fonte di esperienze erotiche e di esplorazione della sensualità. Attraverso alcuni aforismi selezionati dal documento, è possibile scoprire come il lato erotico del viaggio emerga in diverse situazioni e incontri. Uno degli aspetti più affascinanti del viaggio è l'anticipazione dell'incontro erotico. Un resoconto riportato da Dan Kieran racconta di un viaggio intrapreso con la speranza di una settimana di sesso disinibito:
Durante le vacanze estive del mio primo anno di università andai a Cornwell, dove ero stato invitato da una ragazza che viveva nel mio stesso residence studentesco, il tipo di ragazza con la quale mi sarebbe piaciuto avere una relazione del sesto grado; così, nell'entusiasmo del primo anno di libertà dalla famiglia, ero sicuro che sarebbe stata una settimana di sesso disinibito a volontà, magari sulla spiaggia.
Il viaggio in treno fu interminabile, comunque molto più lungo del previsto, però mi tenevano compagnia le fantasie erotiche sempre più complicate che avevo in testa, e non mi annoiai. Arrivato alla stazione di Cornwell mi venne incontro la ragazza con il suo fidanzato, un tipo con la barba e la giacca nera di pelle, che aveva qualcosa a che fare con le armi nucleari della Marina. Mi accompagnarono a casa della madre di lei, e li mi presentarono il fratello minore, un vegetariano con la faccia incazzata, che parlava l'esperanto e aveva appena confessato ai genitori di essere gay. Fu a quel punto che capii il perfido piano della tipa: pensando che anche io fossi gay, mi aveva invitato a casa per farmi conoscere il fratello e magari farci mettere insieme. La madre mi confidò che l'aveva appena visto in bagno mentre si provava un nuovo tanga. E mi fece pure l'occhiolino. Passai una settimana orribile, a visitare i posti turistici strizzato tra due uomini sul retro di una Datsun Sunny. Mi venne la stitichezza.
Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.
Questo riflette l'anticipazione erotica che può accompagnare l'inizio di un viaggio, carico di aspettative e fantasie. Anche se comica, questa situazione evidenzia come i viaggi possano portare a incontri intimi non pianificati, spesso carichi di una tensione sessuale latente. L'eros nei viaggi può manifestarsi anche attraverso il cibo e la cultura culinaria, come evidenziato dal resoconto di Paulo Coelho:
Dopo che tutti gli invitati ebbero ordinato le pietanze, il cameriere si rivolse a Jacques: ‘Il solito?’‘Il solito, sì.’ Ostriche come antipasto, specificando che dovevano essere servite vive - qualcosa che sconcertava la maggior parte dei suoi ospiti stranieri. E poi lumache - le celebri escargots - e, dopo, cosce di rana fritte. Nessuno aveva il coraggio di imitare quella scelta – ed era proprio ciò che voleva. Si trattava una tattica di marketing. Gli antipasti arrivarono quasi subito. Quando vennero servite le ostriche, i commensali lo guardarono. Jacques spremette qualche goccia di limone sul primo mollusco, che scattò si contrasse, suscitando la sorpresa e lo sgomento degli invitati. Poi lo fece scivolare tra le labbra e lo inghiottì, prima di assaporare il liquido salato rimasto nella conchiglia.
Coelho, Paulo. Hippie. Milano: La nave di Teseo, 2018.
Qui, l'atto di mangiare diventa un'esperienza erotica, che stimola i sensi e crea un'atmosfera di intimità. Il cibo, in questo contesto, diventa un veicolo per esplorare la sensualità e creare legami tra le persone. La libertà di esplorare è un'altra dimensione dell'erotismo nel viaggio. Dominique Lapierre parla della libertà di esplorare il proprio desiderio e curiosità:
Questo libro è il semplice diario di viaggio di un giovane europeo di diciotto anni sfuggito da poco alle minacce e alle privazioni della Seconda guerra mondiale, che parte alla scoperta del nuovo mondo. Certe descrizioni e molte delle riflessioni via via annotate in queste pagine potranno sembrare ingenue e perfino puerili. Ma il lettore di oggi accetti di seguirmi con indulgenza sulle strade del mondo, cercando di immaginare le condizioni di viaggio nell'estate del 1949, epoca alla quale risale il mio racconto. Un'epoca in cui gli aerei non attraversavano ancora l'Atlantico. Un'epoca in cui la televisione non aveva ancora cominciato ad avvicinare i popoli e a omologare usi e costumi. Un'epoca in cui perfino il telefono era un oggetto eccezionale. In tre mesi di lontananza non parlai mai al telefono con i miei genitori. Ma sono felice e fiero di dirlo: aprendomi le porte del mondo, stimolando la mia curiosità, costringendomi a superare le mie paure di adolescente, quel primo grande viaggio fu il più bel regalo che il cielo potesse offrirmi all'alba del mio destino di uomo.
Lapierre, Dominique. Un dollaro mille chilometri. Milano: il Saggiatore, 2003.
La scoperta del mondo esterno riflette anche un viaggio interiore di esplorazione del desiderio e della sensualità. Questo processo è spesso amplificato dal contesto esotico, dove l'ambiente sconosciuto può intensificare le emozioni e promuovere una maggiore libertà personale. Un esempio di come il viaggio possa intrecciarsi con l'attrazione erotica si trova nel racconto di Paul Theroux:
‘Mi indicò la strada per Minhead, non la più breve, ma la più bella, disse. Aveva i capelli chiari e gli occhi scuri. Dissi che la sua casa era bella. Lei disse che era una pensione; poi rise. ‘Perché non resta qui stanotte?” Lo diceva sul serio e sembrava tenerci e allora non fui certo di che cosa offrisse. Rimasi lì in piedi e le sorrisi di rimando… Non era nemmeno l’una e non mi ero mai fermato in un luogo così presto. Dissi, ‘Forse una volta tornerò’. ‘Sarò ancora qui’, disse lei.
Paul Theroux 1983, citato in Leed, Eric J. 1992. La mente del viaggiatore: dall’Odissea al turismo globale. Biblioteca storica Il Mulino. Bologna.
Questo passaggio cattura l'ambiguità e l'eccitazione di un incontro casuale durante il viaggio. La proposta implicita e la promessa di un ritorno creano una tensione erotica palpabile, tipica di molte esperienze di viaggio in cui le connessioni umane sono intensificate dall'esoticità del luogo e dalla fugacità del momento. Il viaggio può anche svelare attrazioni inaspettate che sfidano le convenzioni e stimolano l'immaginazione erotica del visitatore, come descritto da Dan Kieran:
Per dodici anni l'attrazione principale della città di Chucuito in Perù è stato un enorme fallo di pietra, alto più di un metro e mezzo. Si diceva fosse un antico monumento alla fertilità degli Inca. Milioni di turisti e di donne senza figli si sono fatti fotografare lì davanti, solo per scoprire più tardi che si trattava di un falso. A quanto pare la popolazione locale aveva costruito il finto monumento per far accorrere i turisti.
Kieran, Dan, and Mondadori. Cinquanta vacanze orrende: storie di viaggi infernali. Torino: Einaudi, 2008.
Questo esempio evidenzia l'aspetto giocoso e a volte ingannevole delle attrazioni turistiche. La fantasia erotica viene sfruttata per attirare i visitatori, dimostrando come la percezione di autenticità possa essere manipolata per generare un’esperienza turistica "erotizzata". In questo caso, l'immaginazione del turista viene catturata dalla promessa di un'antica saggezza o potere legato alla fertilità, solo per essere disillusa dalla scoperta del falso. Anche in contesti meno esotici, l'erotismo e la sensualità possono emergere attraverso interazioni sociali e culturali, come raccontato da Giorgio Bettinelli:
Proprio in uno di questi Casino vicino alle rovine della cittadella romana, in un viale che interseca l’arteria principale della città (la quale non poteva chiamarsi altro se non Atatürk Bulvari) passo qualche ora della mia prima notte ad Ankara, incredulo di fronte a tre danzatrici del ventre che si alternano sul palcoscenico, di una bruttezza unica tutte e tre, con rotoli di grasso sotto le perline e i veli delle gonne, le cosce da veneri paleolitiche e una trama fittissima di smagliature sulla pancia. All’Ambra Jovinelli, nella Roma del dopoguerra, qualcuno tra il pubblico si sarebbe di certo alzato per gridare: ‘Aò, annàtevene! Me parete tre scardabbagni!’.
Bettinelli, Giorgio. In vespa : da Roma a Saigon. Milano: Feltrinelli, 2002.
In questo resoconto, l'autore descrive un’esperienza di viaggio che esplora il confine tra il fascino sensuale e il grottesco. Le danzatrici del ventre, con le loro caratteristiche fisiche fuori dagli standard convenzionali di bellezza, sfidano le aspettative del pubblico e mostrano come l'erotismo possa assumere forme diverse, spesso sorprendenti e non conformi alle normali percezioni estetiche. Inoltre, la bellezza naturale, la storia e la cultura dei luoghi visitati possono suscitare una profonda risposta sensuale nei viaggiatori. Infine, il viaggio diventa un'occasione per esplorare il proprio corpo. Un aforisma di Duccio Canestrini riflette sulla scoperta del corpo come parte del viaggio:
Quanto alle forme date al pelo, sono infinite: baffi, strisce, cuori, farfalle, saette, occhi, stelle, foglie di marijuana a cinque punte. Con i nuovi modi di depilare il pube femminile è nata anche una nuova terminologia che ne definisce lo stile. Il cosiddetto Tiffany box, per esempio, è una scultura del triangolo a forma di cofanetto di gioielli: il pelo viene poi tinto nella classica tonalità blu Tiffany, ma anche color fucsia o verde mela. Quando sul monte rimane soltanto un ciuffetto, come all'ultimo dei mohicani, il taglio si chiama Beckham. Stile Hollywood, invece, è la rasatura completa tipo statua greca, detta anche Moby Style per via della testa pelata dell'omonimo cantante.
Canestrini, Duccio. I misteri del monte di Venere : viaggio nelle profondità del sesso femminile. Milano: Rizzoli, 2010.
Il viaggio diventa un'occasione per esplorare e celebrare la propria sensualità e il proprio corpo in modi nuovi e creativi. Questo processo di auto-esplorazione e auto-affermazione riflette come il viaggio non solo ampli i nostri orizzonti geografici, ma anche i confini della nostra identità e sessualità. Questi aforismi dimostrano che il viaggio può essere un'opportunità per esplorare non solo il mondo esterno, ma anche il proprio desiderio e la propria sensualità. Le esperienze erotiche, gli incontri casuali e la scoperta sensoriale rendono il viaggio un percorso ricco di possibilità per la crescita personale e la connessione intima con se stessi e con gli altri.