Strayed Cheryl, Un sacco di vetro rotto

Strayed Cheryl, Un sacco di vetro rotto

Pensavo solo ad andare avanti. La mia mente era un vaso di cristallo che conteneva quell’unico desiderio. Il mio corpo era il contrario: un sacco di vetro rotto. Ogni movimento era penoso. Contavo i passi per non pensare al dolore, snocciolando in silenzio i numeri fino a cento e poi ricominciando daccapo.

Ero eccitata di essere tornata sul sentiero, settecentoventi chilometri a nord da dove sarei dovuta essere. Non vedevo più le cime innevate e le alte pareti di granito dell’Alta Sierra, ma il sentiero mi dava la stessa sensazione. In molti modi, era anche lo stesso. Nonostante gli innumerevoli panorami montuosi e desertici che avevo visto, la cosa che mi era più familiare era la striscia larga sessanta centimetri del sentiero, la cosa su cui i miei occhi erano quasi sempre puntati, in cerca di radici e rami, serpenti e pietre. Talvolta il sentiero era sabbioso, talaltra roccioso oppure fangoso o ghiaioso, o ancora ricoperto di uno spesso strato di aghi di pino. Poteva essere nero o marrone o grigio o rossiccio come caramello, ma era sempre il PCT. Il centro del mondo.

Strayed, Cheryl, e Mondadori. Wild. Milano: Piemme, 2012.