Lévi-Strauss Claude, Viaggiatore moderno

Ed ecco davanti a me il cerchio chiuso: meno le culture umane erano in grado di comunicare fra loro, e quindi di corrompersi a vicenda, meno i loro rispettivi emissari potevano accorgersi della ricchezza e del significato di quelle differenze. In fin dei conti, sono prigioniero di un'alternativa: o viaggiatore antico, messo di fronte a un prodigioso spettacolo di cui quasi tutto gli sfuggiva - peggio ancora, gli ispirava scherno e disgusto - o viaggiatore moderno, in cerca di vestigia di una realtà scomparsa.

Lévi-Strauss, Claude. Tristi tropici. 7a ed. Milano: Il Saggiatore, 1978.

Bellezza Giuliano, Altro capo del mondo

Che il villaggio sia alle Baleari, alle Maldive, o ai Caraibi non cambia molto se non, ma neanche troppo, per la cucina. Non la pensano così i clienti, per la gran parte dei quali quel che conta è non è tanto come si è stati e cosa si è visto, quanto il poter dire di essere andati all'altro capo del mondo.

Bellezza, Giuliano. Geografia e beni culturali riflessioni per una nuova cultura della geografia. Milano: F. Angeli, 1999.

Bryson Bill, Niente da vedere

Una volta andai a Minneapolis in auto, e decisi di fare la strada secondaria per godermi il paesaggio. Ma non c'era niente da vedere. Solamente una pianura bollente, campi di grano e soia, una gran quantità di maiali. Di quando in quando si intravedeva una fattoria, o un paesino sonnolento, dove soltanto le mosche erano sveglie. Mi ricordo un rettilineo, di un paio di chilometri, tremolante nella calura, e in lontananza, sul ciglio della strada, un puntino scuro. Mi accorsi, avvicinandomi, che era un tale seduto su uno scatolone in un'aia di un paesino di quattro case, che poteva chiamarsi Letamaio o Pisciatoio. Osservava il mio arrivo con gli occhi fuori dalle orbite. Gli sfrecciai davanti e nel retrovisore vidi che il suo sguardo mi seguiva, finché non sparii nella foschia. Fu questione di cinque minuti, ma non mi sorprenderebbe sapere che ogni tanto quell'uomo ripensa a me.

Bryson, Bill. America perduta in viaggio attraverso gli U.S.A. Milano: Feltrinelli Traveller, 1993.

Bryson Bill, Hotel

Arrivai a New York nel pomeriggio. Presi una camera in un hotel vicino a Times Square. La stanza costava 110 dollari a notte ed era così piccola che se volevo girarmi dovevo uscire nel corridoio. Mai mi era capitato di stare in una stanza dove potevo, allargando braccia e gambe allo stesso tempo, toccare tutte e quattro le pareti. Feci tutto ciò che si fa in un hotel - giocherellai con le luci, accesi la tivù, sbirciai nei cassetti, misi tutti gli asciugamani e i posaceneri nella valigia - poi uscii per farmi un giro in città.

Bryson, Bill. America perduta in viaggio attraverso gli U.S.A. Milano: Feltrinelli Traveller, 1993.

Bryson Bill, Pessimo servizio

Tuttavia, un pessimo servizio non mi da mai fatidio. Non mi fa sentire in colpa se non lascio la mancia.

Bryson, Bill. America perduta in viaggio attraverso gli U.S.A. Milano: Feltrinelli Traveller, 1993.

Bryson Bill, Contrasti assoluti

Uno dei lati positivi della California è che ti basta poco per capire che è una terra di contrasti assoluti. Lo stato ha una situazione geografica stranissima. Il punto più basso d'America si trova nella Death Valley - 850 metri sotto il livello del mare - e al tempo stesso, su di essa si affaccia il punto più alto (senza contare l'Alaska) - il Mount Whitney, di 4553 metri. Volendo, prima si potrebbe friggere un uovo sul tettuccio dell'auto nella Death Valley, poi andare su un ghiacciaio a 50 chilometri di distanza e surgelarlo.

Bryson, Bill. America perduta in viaggio attraverso gli U.S.A. Milano: Feltrinelli Traveller, 1993.

McKittrick Erin, Era cambiata la nostra percezione

Ogni tanto capitava che qualcuno ci chiedesse se il viaggio ci aveva cambiati. Non mi sentivo diversa da prima, e non sapevo cosa rispondere. Non andavamo in cerca di epifanie rivelatrici su noi stessi, volevamo semplicemente scoprire qualcosa sul mondo.

Tuttavia, a poco a poco, in maniera quasi impercettibile, il mondo intorno a noi era cambiato, e noi con lui. Fisicamente ci sentivamo sempre più in formae avevamo imparato ad adattarci alle stagioni; ci eravamo abituati ai tafani e al caldo della costa della Columbia Britannica, alla pioggia dell'Alaska sud-orientale, ai venti della Lost Coast e al freddo pungente del bacino del Copper. Soprattutto era cambiata la nostra percezione.

McKittrick, Erin. La strada alla fine del mondo. Torino: Bollati Boringhieri, 2010.

Bryson Bill, Carte topografiche

Ero sulla soglia di parecchie migliaia di ettari di splendida foresta, condivisa dalla Worthington State Forest e della Delaware Water Gap National Recreation Area. Il sentiero era curato e ripido quanto bastava perché vi si potesse fare esercizio all’aria aperta senza sottoporsi a un’ossessionante tortura. Bonus finale dell’esperienza: ero in possesso di cartine eccellenti. Mi trovavo infatti nelle mani cartograficamente premurose della New York – New Jersey Trail Conference, le cui carte topografiche sono stampate in ben quattro colori: verde per le foreste, blu per l’acqua, rosso per i sentieri e nero per le scritte. Si tratta di mappe chiaramente ed abbondantemente dettagliate e in scala ragionevole (1:36'000), e che indicano anche tutte le strade di collegamento e i sentieri secondari. È come se riuscendo a farti sapere dove ti trovi traessero una qualche forma di personale piacere. Non sono in grado di spiegare che genere di soddisfazione si provi nel poter dire, guardando una carta: “Ah, ecco dov’è Dunnfield Creek” o “Quella laggiù dovrebbe essere Shawnee Island”. Se tutte le cartine dell’Appalachian Trail fossero state precide anche solo la metà di queste, avrei goduto dell’esperienza almeno il 25% in più. Mi resi conto infatti che gran parte della mia indifferenza nei confronti dell’ambiente che mi circondava risiedeva semplicemente nel fatto che non avevo idea di dove mi trovassi. Ora finalmente potevo orientarmi, avere una percezione di quello che mi aspettava e sentirmi in qualche modo in contatto con un paesaggio in perenne mutazione eppure comprensibile.

Bryson, Bill, e Mondadori. Una passeggiata nei boschi. Parma: Guanda, 2000.

Celati Gianni, Amicizia

Siamo nell'albergo intitolato Hôtel de l'Amitié e mi chiedo di che razza d'amitié si tratta. I turisti qui sequestrati si capisce al volo che non hanno nessuna voglia di parlarsi e neanche di vedersi l'un con l'altro. In ascensore non sanno dove mettere gli occhi, fare amicizie sembra proibito.

Celati, Gianni. Avventure in Africa. Milano: Feltrinelli, 1998.

De Giglio L., Voglio viaggiare

Gli ultimi 8 anni li ho passati viaggiando. Prima di iniziare questa vita vagabonda avevo 27 anni, vivevo in un paese della provincia di Venezia, lavoravo come dipendente e la ragazza che amavo da una vita si era appena sposata. Mi sentivo in gabbia. Avevo un amico che come me voleva scappare dalla routine e un giorno, seduti al tavolo della cucina di casa mia, guardammo la piantina del mondo appesa al muro e puntammo il dito a caso. Si fermò sull’Australia. Quando entrai nell’ufficio del dirigente del mio ufficio e gli dissi che me ne sarei andato, lui mi chiese se volevo un aumento. “No – gli risposi – voglio viaggiare”. Qualche settimana dopo eravamo in Australia, decisi a restarci a lungo.

De Giglio L., Il mio lavoro di giramondo.

Di Stefano Alberto, Geografia

Un viaggio di un anno in giro per il mondo è un'opportunità per imparare qualcosa di più sulla geografia del nostro pianeta. Più vado avanti, infatti, e più mi rendo conto di quanto le nostre conoscenze in questo campo siano contaminate da una percezione distorta della realtà che ci circonda. Ogni popolazione ne è vittima, a modo suo, a seconda del paese in cui vive, del continente, del clima e della filosofia che ne ha formato la cultura in secoli e secoli di storia.

Di Stefano, Alberto. Il giro del mondo in barcastop. Milano: Feltrinelli, 2007.

Scarpa Tiziano, Dove stai andando?

Dove stai andando? Butta via la cartina! Perché vuoi sapere a tutti i costi dove ti trovi in questo momento? D’accordo: in tutte le città, nei centri commerciali, alle fermate degli autobus o della metropolitana, sei abituata a farti prendere per mano dalla segnaletica; c’è quasi sempre un cartello con un punto colorato, una freccia sulla mappa che ti informa chiassosamente: “Voi siete qui”. Anche a Venezia, basta che alzi gli occhi e vedrai molti cartelli gialli, con le frecce che ti dicono: devi andare per di là, non confonderti, Alla ferrovia, Per san Marco, All’Accademia. Lasciali perdere, snobbali pure. Perché vuoi combattere contro il labirinto? Assecondalo, per una volta. Non preoccuparti, lascia che sia la strada a decidere da sola il tuo percorso, e non il percorso a farti scegliere le strade. Impara a vagare, a vagabondare. Disorientati. Bighellona.  

Kerouac Jack, La strada è la vita

Le nostre valigie erano di nuovo ammucchiate sul marciapiede; avevamo molta strada da fare. Ma non importava, la strada è la vita.  

Tennessee Williams, Non esiste altro

Viaggia. Cerca di farlo. Non esiste altro.